Piantina scoperta tra le macerie della Casa del Studente prova le crepe

(da Il Centro 18 maggio 2009)
di Lorenzo Colantonio
Un giovane universitario sopravvissuto segna su ogni stanza le lesioni che esistevano già.

L’AQUILA. E’ un documento eccezionale. E’ la prova dei crolli annunciati, delle crepe nel palazzo di cartapesta, di una colonna fradicia che scendeva fino alla sala della mensa, delle stanze diventate tombe e della paura che da cinque mesi, ogni giorno e poi ogni notte, faceva tremare quei ragazzi. E’ la pianta della Casa dello studente. Una mappa finora introvabile che diventa una delle prove d’accusa principali nell’inchiesta sul crollo e sui morti nel palazzo dell’Adsu in via XX Settembre all’Aquila.

ERA TRA LE MACERIE. Il ragazzo che l’ha scoperta tra le macerie, girando e scavando insieme ai vigili del fuoco il 7 aprile scorso, tra le lacrime e la polvere, per trovare i corpi degli otto amici morti, l’ha tenuta nascosta fino a ieri mattina, per consegnarla al Centro. Lo ha fatto per ridare la carica all’inchiesta, per chiedere giustizia e per urlare tutta la rabbia che ha ancora in corpo. Di questo studente non possiamo svelare il nome. Ma quella notte era nella sua stanza.

LUI SI E’ SALVATO. «Sono fuggito subito scendendo per le scale che crollavano dietro di me seppellendo i miei amici», racconta. Erano otto quegli amici. Erano Davide Centofanti, Luca Lunari, Marco Alviani, Luciana Capuano, Alessio Di Simone, Francesco Maria Esposito, Huseim Hamade e Angela Pia che non ci sono più. Lui si è salvato con una missione da compiere: rendere pubblica la piantina che annunciava la catastrofe, la mappa sparita tra le macerie, la prova che nulla all’Aquila è crollato per caso.

LE STANZE CROLLATE. Chiameremo Arcangelo lo studente che ha scoperto la piantina, è quella del terzo piano, crollato insieme agli altri piani. Ritrae sei stanze, scomparse nel nulla, come quelle del quarto piano e del secondo. Sei stanze diventate un cumulo di pezzi di mattoni e cemento fragili più della cartapesta.

E’ UN DOCUMENTO. Sulla mappa Arcangelo ha segnato tutto ciò che ricordava. Ha indicato crepa su crepa, ognuna delle quali esisteva già prima delle 3.32 del 6 aprile, prima della scossa e della strage di ragazzi. «Colonna transennata» c’è scritto a penna in alto a sinistra. Per gli studenti quel pilastro portante era il tallone d’Achille del palazzo, denunciato chissà quante volte ai responsabili della Casa dello studente che però, interrogati dalla polizia, lo hanno negato. Nella stanza 307 viveva Roberta B., sul muro che confina con il bagno Arcangelo ha scritto «crepe». Come quelle della stanza 309, dove dormiva Elvira L.; oppure della 310 dove viveva Stefania C e della 311, la stanza di Giada B. Ricorda tutto Arcangelo che in ogni stanza della piantina ha segnato il nome dello studente che la occupava e ha indicato dov’erano le lesioni alle pareti. Ed è anche semplice per gli investigatori e per i magistrati Alfredo Rossini e Fabio Picuti verificare se lo studente scampato alla morte ricorda bene oppure no, perché Arcangelo ha segnato sulla piantina anche le crepe presenti nella parte della Casa dello studente rimasta in piedi, come quelle nelle stanza 302 e 305 del terzo piano, occupate rispettivamente da Marianna M. e Monica S.

LE PROVE CI SONO. Quando ci sarà il processo, la piantina salvata da Arcangelo diventerà una prova contro chi ha aiutato il terremoto a creare i crolli. Allo stesso modo diventano importanti i verbali delle testimonianze degli studenti superstiti. Come quello di Giada che rivela alla polizia tre retroscena importanti per l’accusa. Di Giada abbiamo il verbale che pubblichiamo integralmente e dove si legge della denuncia contro un custode; dell’ascensore pericoloso e soprattutto dell’ammissione del rischio che incombeva sugli studenti da parte di un tecnico che, il 29 gennaio scorso, rivelò chiaramente che la struttura soffriva di «problemi di sovraccarico».

IL VERBALE DI GIADA. «Dichiaro che dall’anno 2006 alloggiavo presso la residenza universitaria “Casa dello studente” dell’Aquila, situata in via XX settembre n.46/52, ora crollata in seguito alla scossa avvenuta il 6/04/09 alle ore 3.32 di notte», comincia così la testimonianza dell’universitaria superstite. «Dal dicembre 2008 lo sciame sismico è diventato perfettamente percepibile dagli abitanti dell’edificio. Durante questi mesi sono comparse numerose crepe sulle pareti, chiedendo un controllo ad una figura di riferimento, un custode, questi ci disse che le crepe visionate nella mia stanza, la 311, erano senza importanza in quanto non si erano formate su di una colonna portante».

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