Haiti, solidarietà!!

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“Una catastrofe assoluta”:

così Roberto Stephenson, fotografo romano con parte della famiglia di origine haitiana, che vive e lavora nella repubblica caraibica da anni, descrive quello che ha visto quando, abbandonata la macchina, si è avventurato a piedi del centro di Port au Prince poco dopo il terremoto. “Tutto era per terra, i tetti erano al suolo, in mezzo alla strada c’erano morti, madri che cercavano i figli, e centinaia di persone che cantavano inni religiosi e pregavano”, dice Stephenson raggiunto telefonicamente dall’Ansa. Sua moglie e sua figlia stanno bene, ma la casa a Petionville, in collina poco fuori dalla capitale è inabitabile, pur essendo rimasta in piedi. Parla dalla casa di parenti. Al momento della scossa egli si trovava a Montagne Noir, località sulle alture attorno alla capitale, dove si sta costruendo una casa. “Ero accovacciato in giardino a lavorare, quando ho sentito come se qualcuno mi desse una spinta alle spalle, tentando di farmi cadere.

Mi sono girato, e non c’era nessuno. È stato allora che ho visto i muri di recinzione e quelli della casa che oscillavano, come stessero per spezzarsi. Mai vista una cosa del genere”. A quel punto, Stephenson ha preso la macchina, per correre a Petionville. I familiari stavano bene, così è andato verso ilcentro della città per vedere se amici che abitavano lì stessero anche loro bene. “A un certo punto non si
camminava più in auto. Ho proseguito a piedi. È stato allora che ho visto la catastrofe assoluta”, spiega, aggiungendo: “Ieri sera non c’erano soccorsi, nessuna sirena, solo questi canti. Ho visto un’auto di Medecin Sans Frontieres e una della Croce rossa, ma anche loro erano cauti, perchè una vettura era stata assaltata dai feriti, ce n’erano dappertutto”.

Stamane le sirene si sono fatte sentire così come gli elicotteri, racconta, spiegando come sulle alture i danni siano pochi, e come paradossalmente le bidonville sulle colline abbiano resistito al sisma. “I poveri qui costruiscono in eccesso di cemento armato, quindi le case hanno tenuto”, osserva. Lui che è fotografo di architettura e abile narratore in immagini di volti – ad Haiti ha aperto un’accademia di
fotografia e ha rappresentato il suo paese adottivo in competizioni
internazionali – non se la sente di fare foto per i media, in questo momento in cui sarebbero assai richieste:”Questa è una tragedia totale, ci sono tutti questi morti, l’idea di fare soldi facendo foto… proprio non me la sento”.

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