Hanno fatto di Collemaggio una discarica sociale e ora vogliono scaricare anche le responsabilità

In seguito all’uscita di un articolo sull’edizione Abruzzo del quotidiano Il Messaggero, precisiamo che CaseMatte non è in alcun modo collegabile alla notizia del tentato strupro e alla violenza subita dalla giovane donna a Costa Masciarelli né ha mai offerto “rifugio” alcuno all’aggressore. 

Si confonde, da parte di molti, la vastissima area abbandonata dell’ex ospedale psichiatrico, con quella, ristretta, dove si trova CaseMatte.

Siamo in prima linea nel combattere la violenza sulle donne, tanto che il collettivo FuoriGenere, che ha la sua casa proprio a CaseMatte, ha organizzato la manifestazione di domenica scorsa proprio in solidarietà della donna aggredita. Siamo in prima linea a fronteggiare problemi sociali in cui ci sentiamo immersi, in una città in cui le contraddizioni e le disuguaglianze stanno aumentando.

Ad ogni modo, non vogliamo sottrarci dal dire alcune cose in merito, come abbiamo sempre fatto a testa alta e viso aperto. 

Da ormai troppi anni denunciamo la situazione del terminal di collemaggio e del quartiere abbandonato dell’ex ospedale psichiatrico, all’interno del quale ci troviamo, completamente ignorati dalle istituzioni.

Da tempi non sospetti abbiamo testimoniato come i cosiddetti Daspo Willy, utilizzatissimi dalla questura aquilana, che ne detiene il record regionale, servano solo a spostare il disagio fuori le mura, giusto un po’ più in là, verso il terminal e conseguentemente verso l’area dell’ex op.

Questo fa sì che da un po’ di tempo le aggressioni, di cui prima di aveva notizia che avvenissero in centro storico, insieme a fenomeni di microcriminalità, si siano spostate anche nell’area abbandonata dell’ex ospedale.

Da tempo condividiamo il quartiere con molti giovani, minori o appena maggiorenni, allo sbando completo, senza nessun punto di riferimento e poco, pochissimo da perdere.

CaseMatte rappresenta una luce accesa nel buio che va da Costa Masciarelli a Collemaggio, una piccola parte di un quartiere abbandonato e di un parco enorme, in cui non solo è facile trovare “rifugio”, ma in cui è possibile agire nel buio, in una dinamica che semplicemente alimenta la marginalità e quindi anche eventuali problemi di ordine pubblico.

Non riusciamo a contare le volte in cui abbiamo chiesto alla proprietà e all’amministrazione di accendere almeno le luci (il minimo sindacale) essendo noi e le associazioni che con noi condividono lo spazio, i primi ad essere preoccupati dalle strade buie ed abbandonate.

Da anni ripetiamo, in tutte le sedi, che c’è bisogno di un intervento strutturato sulla specifica area del terminal e dell’ex op, che sono chiaramente in collegamento per prossimità. Non abbiamo mai ricevuto adeguate risposte.

Adesso notiamo la volontà di qualcuno di puntare il dito verso CaseMatte, che da sola certo non può risolvere i problemi sociali dell’Aquila. 

Ci chiediamo cosa abbiano fatto il Comune, la Prefettura, la Questura, la Asl, le case famiglia, il mondo dell’accoglienza e dell’associazionismo fino ad oggi, oltre a voltarsi dall’altra parte e pensare che le cose si risolvano da sole, marginalizzando, o peggio ancora sperare che se qualcosa non si vede, rimane al buio, allora vuol dire che non esiste. 

Cosa succede ad un ragazzo accolto in una casa famiglia il giorno dopo che compie 18 anni? Qualcuno se l’è chiesto? Sono stati messi in campo progetti, come anche previsto dal Piano sociale, per accompagnare il ragazzo verso una maggiore integrazione e il mondo del lavoro? A noi non risulta.

Cosa si fa per prevenire? 

A CaseMatte non è mai stata negata una possibilità nè un pezzo di pane a nessuno. Da qui ad indicarci come rifugio però ce ne passa. Tra l’altro, chi conosce quel luogo sa quanto sia “aperto” per conformazione fisica, trattandosi di alcune piccole strutture in mezzo a un parco, e quindi frequentabile all’esterno anche quando CaseMatte è chiusa e non si svolgono le attività socio-culturali che da anni organizziamo.

Tuttavia, il fatto di essere talvolta reputati come luogo non ostile dai tanti giovani estromessi dalla vita cittadina e che alla città si sentono antagonisti, come d’altronde viceversa, potrebbe essere invece forse la base per porre in atto progetti di prevenzione per cui altrimenti – evidentemente – non si sa nemmeno da dove cominciare, e infatti non si è iniziato. 

Noi sotto questo punto di vista, come noto, ci poniamo in una posizione estremamente collaborativa, prima di tutto perché sappiamo che non possiamo di certo risolvere da soli i problemi sociali di questa città senza risorse e in totale autofinanziamento come nostra prassi da 13 anni. 

A qualcuno però ha fatto comodo che Collemaggio diventasse una sorta di discarica sociale, dove nascondere i problemi sotto il tappeto e rendere il disagio invisibile ai più.

Ora che a poche centinaia di metri dall’ex Op è accaduto un evento gravissimo come il tentato stupro e la terribile violenza ai danni di una giovane donna, si vogliono vigliaccamente scaricare le responsabilità.  

Troppo facile, non ve lo permetteremo perché per noi costituirebbe oltre il danno la beffa. Ci scontriamo per prime ogni giorno con problemi sociali a cui si collegano problemi di microcriminalità, riuscendo a malapena a resistervi senza esserne travolti. 

Attraverso le nostre attività, a volte riusciamo persino nel miracolo di contenerli, ma abbiamo paura come tutte della violenza e di trovarci a fronteggiare un uomo, sole nel buio di un quartiere abbandonato.

Il tentato stupro di Costa Masciarelli è avvenuto a causa delle cultura dello stupro che continua a serpeggiare in tutti gli ambienti, anche altolocati della società, che vendono la donna ancora come un oggetto da conquistare. 

È avvenuto perché interi quartieri di questa città sono vuoti e bui, appena dietro le quinte dello spettacolo consumistico del corso. 

È avvenuto perché non ci sono sufficienti politiche sociali che contengano, diano dei punti di riferimento e contribuiscano ad educare, giovanissimi senza punti di riferimento, che s’intenda nessuno vuole qui giustificare. Anzi.

È avvenuto perché si pensa di risolvere i problemi con le telecamere che al massimo possono servire a fatto avvenuto, ma non per prevenire.

Occorre fare letteralmente luce sull’ex ospedale di Collemaggio, serve un centro storico che venga riabitato e ri-vissuto attraverso politiche pubbliche efficaci. La nostra comunità ha bisogno di politiche sociali che coinvolgano innanzitutto chi subisce il peso delle disuguaglianze. Non è una questione “morale”, ma semplicemente la presa d’atto che quello che (non) si sta facendo contribuisce a essere la causa dei problemi, non la soluzione. Non subiremo mai passivamente questo tentativo di messa all’angolo. Rilanceremo ogni volta evidenziando le cause vere dei problemi, rigettando al mittente ogni tentativo di diffamazione e infamia.

Proponiamo la creazione di un tavolo che coinvolga Enti e Amministrazioni oltre al mondo dell’associazionismo di cui facciamo parte, per dare vita a progettualità ed interventi di contrasto alle diseguaglianze, alla povertà educativa ed al disagio sociale presenti sul territorio, in modo da provare a contrastarne gli effetti più gravi.