La morte del Gran Sasso

Fonte Cerreto (Aq) 14 Agosto – L’associazione “gran sasso 360” annuncia in conferenza stampa la morte del gran sasso. Gli impianti di campo imperatore nel versante aquilano rischiano di non riaprire per la prossima stagione invernale. Al centro della questione i lavori di revisione ventennale e l’ammodernamento della funivia. I lavori non sono ancora iniziati nonostante 3,5 milioni siano stati stanziati per questo già nel Settembre 2009.

L’appalto è stato vinto solo a fine Giugno scorso dalla “C.T. Crane Team” di Milano – la stessa che nel 1934 costruì il primo impianto – che ha offerto un ribasso del 16 per cento. L’importo complessivo dei lavori si aggira intorno ai due milioni e mezzo di euro con un risparmio rispetto alla base d’asta, frutto del ribasso, pari a 496mila euro.

In realtà ci si aspettava l’assegnazione dei lavori per Aprile 2010 in modo da avere tutto il tempo stimato per eseguire i lavori (almeno 6 mesi). Per questo la funivia è già rimasta chiusa per la seconda estate consecutiva.

Il cronoprogramma della “crane Team” di Milano prevede 150 giorni di cantiere per finire i lavori Il primo Agosto era quindi il termine ultimo per terminare i lavori per Dicembre.

Nonostante ormai la situazione appaia compromessa il presidente del centro turistico del Gran Sasso Vittorio Miconi qualche giorno fa si è dichiarato fiducioso nella riapertura degli impianti per Gennaio 2010. Data che scontenta comunque gli operatori turistici che perdono la grosse mole delle entrate legate al periodo delle vacanze natalizie.

Ma al di là di questo le parole del presidente – il cui mandato scade però il 31 Agosto – sembrano purtroppo fumo negli occhi. Stando infatti alle parole del direttore dei lavori Marco Cordeschi un tempo ragionevole per il delicato e complesso intervento di revisione sarebbe di otto mesi (nel video). Altra ipotesi sarebbe la richiesta di un ulteriore deroga ministeriale di 6 mesi per attuare lavori di semplice messa in sicurezza non eccessivamente costosi. Operazione possibile però solo tramite una forte volontà politica e il carico di grosse responsabilità.

Nel frattempo, 13 dei 28 lavoratori del Ctgs messi in cassa integrazione da maggio sono “transitati” all’Asm e destinati allo smaltimento delle macerie.

Il presidente del CTGS in recenti dichiarazioni ha parlato comunque di “indire il bando per la vendita dell’intero pacchetto azionario del Centro Turistico” e che “si stanno studiando strategie di marketing per il rilancio turistico del nostro territorio su cui realizzare il sistema montagna per presentarci sul mercato».

Nella cornice generale di esasperazione di un territorio già mortificato il rischio, manco a dirlo, è la svendita della montagna.

Ma di chi sono allora le maggiori responsabilità?

  

Riflessioni

Una giornata passata a Fonte Cerreto a meglio prendere coscienza del disastro della stagione turistica ventura, e dopo aver parlato a lungo con un signore di 70anni sfollato con la moglie nello stesso albergo che vorrebbe continuare a lavorare con i suoi turisti, lascia lo spazio a varie riflessioni. (tra l’altro il signore in questione confidandomi i suoi sentimenti e le sue opinioni, mi ha intimato di non rivelare il suo nome per paura che non gli assegnino la casa…dopo un anno e mezzo!).

Gli operatori della montagna propendono per un immediata cessione ai privati, frutto della completa sfiducia verso l’amministrazione pubblica emanazione del sistema politico locale visto generalmente come l’origine del male.

Il nodo rimane questo: il livello della politica locale. E se tutti sembrano tirarsene fuori ci si finisce comunque nello sbatterci la testa. Nella difficoltà di poter fare qualcosa in questo districato e paludoso mondo l’intervento dei privati viene percepito come la soluzione ai problemi della politica. L’aggettivo pubblico viene associato quasi sempre un valore negativo.

Anche per questo la situazione degli impianti del gran sasso è paradigmatica di quella del post sisma a L’Aquila e nelle zone del cratere (a loro volta paradigmatiche di modelli su più ampia scala ).

Il rischio (ma anche l’ipotesi tristemente più probabile) è quello della svendita. In questo senso le prospettive per la ricostruzione dell’Aquila in generale sono sempre più incerte ed affidate a forze che prescindono da diretti e reali bisogni del territorio e dalle sue risorse. Il rischio sono le speculazioni che danneggiano sia socialmente che a livello ambientale ancor più questo territorio.

D’altro canto di nuovo l’amministrazione locale si dimostra palesemente incapace di risolvere e gestire e, in questo empasse continuo, finisce per dare ragione alle critiche quasi sempre strumentali del governo verso gli enti locali.

Gli operatori della zona denunciano a gran voce la reiezione da parte dell’azienda comunale del centro turistico di un progetto interamente finanziato, presentato il 30 dicembre 2009 nel momento in cui la protezione civile nazionale era ancora a L’Aquila e la fila di molte società per stupire e mettersi in mostra era tanta.

Gli operatori sono giustamente inferociti perché si sentono presi in giro. Più in generale un altro patrimonio sociale e di benessere comunitario che il territorio offre (offriva) viene alienato alla popolazione favorendo ancor più lo smarrimento identitario e l’anomia. Tutto sta diventando più anonimo e piatto. Il consumo di psicofarmaci è aumentato e la popolazione è più obesa (questo ci dicono i risultati delle ricerche).

Allo stesso tempo sembra impossibile disfarsi dalle tradizionali logiche politiche che denotano una certa arretratezza culturale e che imprigionano e condannano sistematicamente a morte lo sbocciare di nuove potenzialità, per conservare e tenere il potere stretto nel mani del mal governo delle dinastie familiari (guarda il caso della famiglia Stati da 20 anni al potere). Una politica fatta di clienteralismo selvaggio, opacità e interessi non nel bene comune. In cui la democrazia è solo una parvenza dovuta, da riprodurre artificiosamente con una curata comunicazione. Di questo passo la situazione nel cratere diventerà sempre più catastrofica.

Una situazione dove per altro il livello medio di disinformazione generale e di quello di disgregazione sociale stanno raggiungendo picchi altissimi creando danni spaventosi.

In questo contesto sembra lentamente continuare a consumarsi i danni che questa classe politica perpetra da chissà quanto tempo all’Abruzzo. Nel fondo del cratere ora il discontento della popolazione è massimo come una decadenza culturale complessiva.

Bisognerebbe riappropriarsi della politica, quella vera. Sarebbe l’unica rinascita possibile anche se onestamente imprevista e spericolata rispetto a quello a cui stiamo assistendo. Ma “assistere” forse è proprio ciò che si dovrebbe smettere di fare.

Ma senza cadere in demagogia e populismo si potrebbe capire che la voglia di partecipare alle scelte sulla propria vita è essenziale in questo momento più che mai e costituisce il solo modo sano per risolvere mano a mano i problemi e capire dove si vuole andare. Con la consapevolezza che miracoli e probabilmente neanche Soluzioni con la “S“ maiuscola e sfolgorante non esistono. Ripartendo dalle piccole cose che ci appartengono (e che ci fanno meglio capire chi siamo), per risolvere le questioni grandi del presente così importanti per il futuro.


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