INTERVISTA A MASSIMO CIALENTE

LA MEDIACREW DI CASEMATTE INTERVISTA MASSIMO CIALENTE… ED E’ SOLO L’INIZIO…

Nessun masterplan. Il centro storico si ricostruisce più veloce con gli aggregati
REFERENDUM SULLE GRANDI SCELTE STRATEGICHE

Non importa se i fondi sono privati l’importante è scegliere la destinazione.

Usciamo un po’ allampanati dalla lunga intervista che il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente ci ha rilasciato giovedì scorso.  La novità che ci sembra più evidente è la sua proposta di indire referendum sulle scelte più importanti che la città deve prendere come parcheggi, area di san salvatore, area di Collemaggio.

“E’ la città che deve decidere le destinazioni d’uso, i finanziamenti pubblici o privati servono” sostiene il sindaco dell’Aquila che ammette di aver parlato dell’area di Collemaggio anche col presidente della società Europa Risorse sgr che gestisce il fondo immobiliare grazie ad un ordinanza fatta sotto emergenza dall’allora prefetto Gabrielli. Anzi leggendo le parole del sindaco e ascoltando le dichiarazioni di Napoleone sembra sicuro che i due sono d’accordo sul realizzare lo stesso progetto. Ma nell’intervista si parlerà anche del fondo immobiliare, delle mancate requisizioni, del comune dell’Aquila definito una “discarica stercolacea”, e dei centri storici che si rifanno ad aggregati.

Ma prima di arrivare alle domanda e alle risposte non possiamo esimerci dal tentare di restituire l’immagine uscita fuori dall’incontro di Massimo Cialente come sindaco, uomo politico e uomo, tentando di leggere a volte tra righe di quello che dice, a volte oltre queste righe, nel sottostrato culturale che le formano.

Attraverso le abili parole dietro cui Cialente forbitamente si barrica, la prima impressione che ci resta è quella di una figura istituzionale  – quella del sindaco – che  ha chiara la complessità della sfida della ricostruzione con tutte le cose che ci sono  in campo e le rispettive poste in palio.

Subito dietro quella del sindaco c’è la figura di un uomo navigato della politica aquilana e nazionale  che non sa più definire cosa è la sinistra e si dipinge ora battitore libero ora solitario catto-comunista. Un politico pieno zeppo di parole e frasi, che emergono di volta in volta e vengono ri-utilizzate e montate abilmente a seconda della situazione e l’interlocutore. Frasi non prive di una certa ispirazione e capacità letterale ma che difficilmente poi trovano la forza di concretizzarsi.

Nei panni del sindaco gli piace stare, gli piace sentirsi come quasi unico detentore di una serie infinita di informazioni da divulgare. Senza troppe differenze tra quelle vere (a volte drammatiche) e vissute in prima persona e quelle semplicemente rafforzative di luoghi comuni, voci alla sant’agnese. L’importante è rimanere fonte primaria, detentrice del verbo da poter pronunciare. Un po’ da prete un po’ da poeta, e un po’ anche da principe che si specchia in quello che dice e a cui piace riascoltare la sua voce.

Cialente si definisce  – “un vero aquilano”  ed effettivamente ci è sembrato che lo sia, sicuramente più di noi che invece a Santa Agnese e all’eccessivo provincialismo non ci teniamo proprio.  Il sindaco  si dipinge come una sorta di pater familias affettuoso che tutti conosce e tutto sa di tutti (un po’  il solito esso quissu, quissu esso). Se Bertolaso nei mesi successivi al terremoto strappò il ruolo del pastore,  Cialente si considera il pastore abruzzese. Dillo a me! Come la vuoi questa città? Confessati! Impossibile sfuggire dall’abbraccio mortale dell’aquilanità.

Le sue storie, che sono quelle difficili del sindaco che affronta una catastrofe e ciò che dopo viene, gli piace raccontarle come il capitano di un’ avventura dura e assurda che finirà comunque nella storia. E allora Cialente si lascia andare, pesca nei recenti antichi ricordi ciò che è successo nei giorni dopo il 6 Aprile. Crede a se stesso e trova sempre una buona giustificazione per auto assolversi. Un “catto-comunista” convinto di stare operando nel bene ma anche un po’ confuso per la mole di lavoro che va di pari passo con il logorio fisico .

“Ora che mi sono dimesso da vice commissario, da sindaco faccio le stesse cose di prima. A parte non occuparmi più della struttura dell’emergenza (sge) non è cambiato niente” afferma sapendo di rimanere protagonista e sentendosi unico protettore degli aquilani. “E’ per questo che non mi dimetto. Se me ne vado io chi arriva al mio posto? Ve lo chiedete? No io questa città non la lascio nelle loro mani”.

Il dramma è che, vedendo chi gli sta intorno, ha in parte ragione. Ed è proprio questo il problema e il male di tutta la situazione politica aquilana (e per trasposizione nazionale) in cui questa ricostruzione sa dà fare. O meno, non si è ancora capito.

Cialente ora che si è dimesso da vice commissario quali sono i suoi compiti da sindaco ora?
Io sto lavorando come un pazzo, mando avanti la baracca che era una discarica stercolacea per una trasversalità schifosa di questa città che riverbera ancora adesso.
Ai cocci a cui era ridotta la macchina comunale, dopo il terremoto si è sommata l’emergenza.
E’ vero quella comunale è una macchina che fa acqua da tutte le parti. Mi sto assumendo la responsabilità morale, politica ed eventualmente giudiziaria di non chiudere aziende che forse dovrebbero chiudere.

A che punto è il master plan dei centri storici? Chi lo sta facendo, quando sarà pronto?
Non serve un masterplan.
Ci vuole un piano strategico che non è quello urbanistico: serve capire cosa faremo da grandi e lo abbiamo scritto su quelle che sono le linee guida. Io l’ho detto quale è la mia idea sulla città e questo non è il masterplan.
Lo scontro che abbiamo ora con la struttura tecnica commissariale – con Fontana –  è che loro avrebbero voluto fare un unico master-plan del centro storico dell’Aquila e di tutti i centri storici ma ci sarebbe voluto più di un anno e mezzo. Se si va a leggere il decreto i tempi di ricostruzione sono lunghissimi.
Allo stesso modo che per il masterplan nessuno ti sa dare la definizione di “piano di ricostruzione”.
Potrebbe significare dei piani particolareggiati per tutto il centro storico. Che vorrebbero dire star fermi per altri 3 anni. Io ho un’altra idea. Un’altra strada: ripartire subito per il centro storico con gli aggregati  come per le “B” e le “C” o ce li scordiamo i centri storici.
Abbiamo detto com’era dov’era. Costa Masciarelli, Via Roma, S. Pietro, Via forte braccio, non si possono sostituire con palazzi moderni.
Quindi se tu sei un aggregato strutturale, cioè sei un pezzo di centro costituito da tre palazzi attaccati, puoi intervenire. Fai la proposta, chiami il progettista serio, fai il piano strutturale e chiami una ditta seria.
Se devi rifare uguale perchè devo farti aspettare. Certo il comune e chi è competente ti darà delle indicazioni come la tinteggiatura, i coppi, e quant’altro.
Gli altri, come la struttura tecnica, mentre noi facciamo il nostro devono pensare ai sotto servizi, agli spazi pubblici e cominciare da oggi con la sopraintendenza ad individuare degli angoli nei quali possiamo discutere di qualche parziale sostituzione.
Una cosa è certa devono rimanere al centro tutti gli uffici pubblici.

In periferia invece bisogna fare piani di ricostruzione insieme ai cittadini. Ci mettiamo intorno ad un tavolo e si discute insieme se fare una piazza in un quartiere di un certo tipo. La periferia è una cosa da piano regolatore.
Perchè la periferia faceva schifo prima, da quando si è iniziato a costruire a sproposito durante gli anni 70′ senza pensare allo spazio pubblico.

“Com’era e  dov’era”. Ma la sicurezza?
Il centro storico può essere sicurissimo. Oggi la sera si può vedere la reggia angioina, cioè il convento domenicano. Ha più di 700 anni ed è uscito in maniera assolutamente indenne dal terremoto. La storia che il centro storico non può essere messo in sicurezza è un falso.

Ma la microzonazione?
Il vero problema è che dove non si deve costruire è dove hanno costruito negli anni del sacco della città. Non penserai che via xx settembre si ricostruirà dov’era e com’era?

La mia proposta è il referendum. Le scelte dovranno essere fatte con la partecipazione dei cittadini.  Noi avremo delle scelte difficilissime da affrontare San Salvatore, ColleMaggio, i parcheggi e più in generale l’idea di città. Il problema della partecipazione è complicato. Ci deve essere una grande dibattito e informazione. Questo si fa costringendo la popolazione a essere attenta. E questo può essere fatto attraverso i referendum.
Il referendum che io propongo  qui a L’Aquila sulle scelte importanti devono coinvolgere tutta la città territorio a partire da 16 anni in su.
Sarebbe una grande prova di democrazia.Abbiamo fatto dei referendum in Italia in cui abbiamo  votato cose senza sapere di cosa si parlasse. Votando come ci aveva detto di fare il parroco, il vicino. Perchè non possiamo farlo su cose così importanti che ci riguardano da vicino?
Penso che il referendum sia lo strumento più giusto in una città commissariata. Di fronte all’esito di un referendum non può esserci commissariamentoche tenga

Perchè invece di costituire un fondo immobiliare non avete requisito a tempo debito le case sfitte e l’invenduto dell’ANCE?
La requisizione e’ stato il più grande fallimento della mia vita e di quella di Franco Gabrielli
. Ci è costata un lavoro allucinante per moltissimo tempo ottenendo solo 19 requisizioni. C’erano appartamenti liberi ma ogni volta che si andava a requisire dicevano “ce l’ha in comodato mio cugino, mio nonno”…19 su un migliaio!!! Per gli appartamenti da finire ci volevano i soldi…

Ma l’invenduto dell’Ance?
La notte del 10, ero nel camper, cercai disperatamente il presidente del’ANCE, mi rispose dopo tanto. Trovai il vice presidente Ettore Barattelli. Gli dico Berlusconi vuole fare l’ra di dio di case. L’Ance – dico a Barattelli – dichiarava, come riportavano i giornali a Febbraio, che aveva 3mila appartamenti invenduti, anche se non era proprio vero. Dategli questi appartamenti, non fategli fare le c.a.s.e. gli dissi, ma lui rispose che il server era saltato e che non era facile, che insomma non c’erano.
Comunque questo fondo, che è l’invenduto, innanzi tutto ha dato case e ancora mi manca la terza  acquisizione. Ha salvato una serie di imprenditori aquilani e in parte anche la banca. Da la possibilità ai cittadini che vivono in queste case, di comprarle a un prezzo più basso.
Il problema è che il fondo deve darmi una terza parte. Adesso ci sono imprese aquilane che speravano di vendere queste case. Famiglie che avevano fatto domanda per queste case e stanno ancora negli alberghi. E io Comune non ho le case parcheggio. E c’è gente che non ha più diritto dell’assistenza al terremoto e che io adesso non posso aiutare come dovrei.

A che punto siamo con gli investimenti di Europa Risorse.
Non so se è stato presentato quello sulla ex standa. Io ho un altro problema. I capitali privati  sono necessari perché non è che possiamo ricostruire solo con capitale pubblico. Gente che investe ci vuole. La mia impressione e che a causa della confusione che vige nei termini di governance nessuno venga. Il terremoto è diventato campo di lotta politica. Si sta giocando una partita e noi siamo diventati il terreno di una partita politica nazionale.
Da me l’inail ancora non ci viene a parlare. Nessuno di questi enti è venuti a parlarmi.

Invece Napoleone l’ha incontrato
Napoleone l’ho incontartato. Mi deve dare le case come previsto in ordinanza. Napoleone raccoglie i fondi…

Ma la sua è speculazione o “operazione etica”?
Non so se è un’operazione etica. Questa è gente che fa questi interventi. Fa la sua proposta e se alla città sta bene….

Ma come fa la città a esprimere la sua posizione?
Tramite il consiglio comunale.

La legge prevede che l’inps, l’inail l’impdap devono mettere 2 miliardi di euro. Li mettono ricavandosi il 3%? Benissimo a Tor Vergata ci hanno fatto il campus universitario in questo modo.
Per esempio a noi serve l’ospedale nuovo e potremmo costruirlo con questa formula.
Ma purtroppo il brutto presentimento che ho è che la confusione che regna a L’Aquila è tale da far scattare in molti la domanda: chi me lo fa fare a ricostruire a L’Aquila?
E intanto gli spazi mancano drammaticamente per tutti e tutto. Io non so dove fare il consiglio comunale.

Quale sarà il destino di COLLEMAGGIO. Il comune ha deciso di cambiargli destinazione d’uso? E se si come?
Servono investimenti se vuoi vivere e ritirarti su da una situazione disperata. Il problema non sono i fondi privati, ma cosa ci fai con quei soldi. Le ditte che non sono pubbliche devi vedere cosa fanno. Per fare lo studentato ad esempio la Regione non metterà mai i soldi.

Perchè? Sarebbe giusto invece…
eh figlio mio…

E lei dove lo vuole fare lo studentato alla Reiss Romoli o a ColleMaggio?
Sono contrario al progetto dello studentato alla Reis Romoli, ma penso a San Salvator e alla Collina di Collemaggio. E’ dal 1996 che ho un progetto su quella collina per farla diventare da luogo di segregazione a collina della gioia e dei giovani. Quella è la mia elaborazione e io ci credo con la differenza che è arrivato il terremoto.
Di questa cosa io ne ho parlato con tutti anche con Napoleone ma con tanti altri che stanno lavorando sulle idee del sindaco . Perchè io l’ho detto pubblicamente le aree su cui voglio intervenire. Io immagino Collemaggio in cui si fa un grande intervento urbanistico.
Villa Edoarda io la lascerei col progetto dell’albergo in Via dei matti  per sviluppare un turismo povero. Poi il Museo della mente, l’atelier degli artisti, foresteria dell’università, collina della cultura. L’Aquila come la Bologna degli anni 70′. E poi il palazzo della città, il centro congressi collegato con un ponte e vorrei fare una parte di residenza degli studenti. Coi pub e la vita. I ragazzi si sposterebbero la sera dal centro a Collemaggio. C’è da sciogliere il nodo se li lasciare anche un pezzo di sanità. Ma mi chiedo quanto sia giusto fare un pezzo di sanità staccato da un pezzo unico.

Si ma Collemaggio è in vendita?
Un giorno facciamo una riunione in cui la regione dice che la provincia vuole costruire lì e  vuole vendere. Io dico, è vostro a destinazione sanitario: vale 1 euro a metro quadro. Chi ha allora il coltello dalla parte del manico? La città.
Poi si fa un assemblea nel tendone cittadino a Piazza Duomo, io parlo sinceramente alla città. Vado via io che avevo un impegno e il vice presidente del consiglio regionale Giorgio De Matteis dice che non è vero che si vende Collemaggio perchè era ciò che il pubblico voleva sentirsi dire.
Io penso che Collemaggio debba avere questa funzione molto pubblica, non credo che debba esserci residenzialità o unidirezionale non guidato a funzione pubblica. Centi c’è morto nel 98′ io potrei cascarci adesso su questa cosa.

E Napoleone?
Qui è un continuo di gente che parla di progetti. I problemi non sono i liquidi in sé. Se vengono da fondo pubblico va bene. L’Inail ti da 50 milioni con cui tu fai lo studentato al 3%
Il discorso è che ci fai. Di cosa ci si fa lo decide lo città. La questione è politica. Collemaggio sono svariati milioni di euro. Con un altro sindaco si potrebbe dire diamo un pezzo ai “matti” di Villa Edoarda, un altro per residenzialità e accontentiamo un po’ tutti.
In realtà mi viene una mezza idea. Ma se la esproprio? Io sto espropriando terreni importanti. Ci sono interessi enormi su Collemaggio. Se la città decide che si fanno delle cose X ad un valore Y con una certa destinazione io posso anche chiamare Napoleone. Si fa un project financing e si fa la casa dello studente. Il centro congressi mica lo faccio io, trovo chi lo fa. Il problema è la destinazione. E’ questa è decisiva.

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