Ad un anno dal sisma…i fischi di tutt* contro la propaganda che non rispetta le morti

Ci è voluto un anno, ma il mito del “miracolo aquilano”, creato ad arte da un’informazione addomesticata, è definitivamente crollato.

L’assenza del premier dalla sua passerella mediatica preferita, in occasione delle celebrazioni del primo anniversario dal terremoto è del tutto sintomatica.

Come lo è la difesa all’angolo a cui abbiamo visto costretto Bertolaso. Che non sa come spiegare che la protezione Civile non ci ha protetto prima che ci crollasse addosso la catastrofe, che non sa come giustificare il lavoro di una commissione grandi rischi che il 31 marzo è riuscita in mezz’ora (neanche il tempo dei convenevoli!) a  decidere che non c’era pericolo. Che non sa come spiegare all’opinione pubblica che gli era “sfuggito qualcosa” rispetto alla gestione degli appalti condotta dalla sua struttura, struttura decapitata da un’inchiesta giudiziaria che i mezzi d’informazione hanno presto dimenticato.

E con Bertolaso è  tutto il governo sulla difensiva a cercare di farci dimenticare che solo quello scandalo ha impedito – almeno in parte – che la Protezione civile diventasse una SPA, gestendo con un enorme potere i grandi eventi. La Protezione civile è un modello “ chiamato a fronteggiare le calamità naturali e ad esse deve dedicarsi, senza perdersi in altre direzioni di intervento pubblico”, ricorda il presidente Napolitano.

E invece, secondo quel progetto, avrebbe dovuto inglobare in qualche modo anche i Vigili del Fuoco, gli unici veri professionisti dell’emergenza, che i cittadini aquilani hanno ringraziato donando loro, proprio il 6 aprile, una medaglia. Anche lo stato gliel’aveva assegnata, ma a fronte di un corrispettivo  di 130 euro, una cifra non da poco per chi rischia la vita guadagnando 1300 euro al mese. Sì, perché i vigili, prima di essere i nostri “angeli”, come molti li hanno definiti, sono dei lavoratori. Con contratto scaduto. Spesso costretti a turni massacranti, a lavorare con mezzi vecchi anche di trent’anni, a mangiare nelle mense, mentre i nostri protettori civili hanno diarie di oltre 40 euro a pasto.

Bertolaso sarà  presto rimpiazzato dal prefetto Gabrielli: un controllore che sostituisce un controllato. Un grande poliziotto a dirigere la protezione Civile. Che evidentemente è innanzitutto Comando e Controllo. Un uomo che dà lezioni di legalità dopo aver negato un elementare diritto costituzionale, quello di assemblea nei campi, smentendo quanto aveva in precedenza promesso. E che persegue le carriole, mentre all’Aquila ladri e sciacalli girano indisturbati da mesi.

Prima di andar via, Bertolaso si sente ancora di dare lezioni sulla ricostruzione. Perché persino lui ammette implicitamente che il progetto C.A.S.E. non è la ricostruzione. E che la ricostruzione non è partita. Non solo quella del centro storico, su cui le carriole hanno squarciato il velo del colpevole degrado in cui era ridotto. Non solo in generale la ricostruzione urbanistica. Ma soprattutto quella economica e sociale.

Troppi disoccupati lasciati a se stessi, troppi cassintegrati che tra poco perderanno anche il loro magro sussidio, troppi artigiani e commercianti che dopo i tre mesi a 800 euro non sanno più come ripartire.

E infine la ricostruzione sociale. Quella potrà ripartire solo dai cittadini. Che non vogliono più essere una massa ridotta al silenzio.

E che vanno ascoltati anche quando esprimono il loro disagio con la rabbia.

Come quella venuta fuori in un consiglio comunale in cui non erano evidentemente graditi ospiti come l’Alemanno o la Polverini. Che cosa c’entrano col lutto aquilano questi personaggi? E davvero il consiglio pensava che in nome del lutto,  i cittadini sarebbero stati in silenzio mentre tutti facevano propaganda invece che vera commemorazione?

Davvero chi parlava di vergogna per il comportamento del pubblico pensa che tutti gli aquilani abbiamo dimenticato la stagione politica, quella sì vergognosa, che lui stesso ha incarnato?

Per troppe persone al dolore del ricordo si accompagna la rabbia. La rabbia è anche un modo di reagire al dolore. Va ascoltata. Persino il vescovo D’ercole ha dovuto ricordarlo ai nostri rappresentanti.

Se ascoltata e non sottovalutata o peggio repressa, si può trasformare in energia positiva. In grande forza rigeneratrice.

Comitato 3e32

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